Titolo:
Non è un fiume
§ Autrice:
Selva Almada
§ Pagine:
112
Casa editrice:
Rizzoli
§ Genere:
Narrativa America Latina, Realismo magico
Sono ritornati ancora una volta al fiume per una battuta di pesca: due uomini e un ragazzino, figlio del loro vecchio amico Eusebio, morto annegato tanti anni fa. Tirano su dalle acque una razza, la appendono al ramo di un albero, i tre fori di proiettile che l’hanno uccisa ben mimetizzati sul dorso chiazzato. Bevono, mangiano davanti al fuoco, giocano a carte e ballano, parlano poco. Lì al fiume, nella quiete scandita da gesti essenziali, s’infiltrano fantasmi antichi nei pensieri, come quello di Eusebio che si allontanava nell’acqua notturna e scura, insieme agli altri morti dell’isola. Nel torpore alcolico innescato dal vino la realtà e il sogno si sovrappongono, si confondono le congetture e i fatti.E mentre il romanzo scorre e il fiume guarda, inesorabile e pulsante come le piante che da millenni popolano il bosco oltre la riva, si dispiega il velo di ricordi che imbozzola le loro vite asciutte: rischiarate a sprazzi da un lampo d’amore, eppure schiacciate da una rabbia che è il frutto più duro della miseria, e sempre macchia il respiro di chi si trova a nascere in certi angoli remoti dell’America Latina.
Buongiorno lettori, oggi volevo parlarvi di un libricino molto breve ma molto particolare, "Non è un fiume" di Selva Almada, ringrazio la CE per la copia omaggio.
Questa storia non è una storia per tutti, in poche pagine vengono racchiuse moltissimi elementi ma non tutti trovano spiegazione o vengono approfonditi.
Il fiume è il fulcro del romanzo, sinuoso, lento e letale, serpeggia attraverso la natura lussureggiante che lo circonda, al centro delle sue acque c'è un'isola, un luogo sospeso in cui realtà e sovrannaturale si mescolano dando vita a qualcosa di unico.
La natura è una padrona crudele in quei luoghi dimenticati, il caldo afoso, l'aria torrida, il paesaggio che si fonde creando miraggi lontani, il calore che schiaccia ogni cosa, gli insetti che volano ovunque fastidiosi e inquieti e, sullo sfondo di tutto ciò, il fiume, una presenza costante.
Credo l'autrice volesse farlo percepire come qualcosa di vivo, un'entità sempre all'erta ma, per me, non è stato così, ho sentito molto più intenso il rapporto tra il fiume e gli abitanti dell'isola che lo venerano e lo rispettano, lo percepiscono come una divinità guardinga e capricciosa che è bene non fare arrabbiare.
Le vicende del libro hanno inizio con l'arrivo di tre amici che decidono di organizzare una serata sull'isola con battuta di pesca, è una loro abitudine, una tradizione di vecchia data, trovarsi tutti insieme navigare il fiume, pescare, bere birra intorno a un fuoco, ridere e fare baldoria.
Ubriachi e euforici uccidono una razza gigante solamente per il gusto di farlo ma, purtroppo per loro, il fiume osserva e anche gli abitanti e, il weekend di festa si trasforma in un viaggio nel passato più oscuro e in un presente poco piacevole.
Dalle acque scure, lente e infide emergono ricordi dimenticati, pensieri torbidi e informi, sensi di colpa e paure nascoste, sensazioni inquietanti, il fiume porta tutto a galla, l'autrice è molto brava ad alternare passato e presente, realtà e sovrannaturale, inoltre, tra le righe, si percepisce il desiderio di voler denunciare la scelleratezza degli uomini che devastano la natura senza pensare alle conseguenze.
Purtroppo il libro è troppo breve, non approfondisce, resta molto superficiale in alcune parti e lascia irrisolte altre, avrei voluto di più.
Di solito non amo i libri corti perché non riescono a soddisfarmi, è come se, in così poche pagine non fosse possibile dire tutto quello che c'è da dire, per questo motivo il finale sembra incompleto e lascia un po' l'amaro in bocca, ho avuto la sensazione che mancasse qualcosa e che le pagine dovessero essere molte di più.
Non mi sento di consigliarlo a tutti ma, si tratta comunque di un libro piccolo piccolo, quindi se siete curiosi fate un tentativo.
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