16 marzo 2020

[Questa volta leggo...] "Quel che affidiamo al vento" di Laura Imai Messina


Titolo: Quel che affidiamo al vento § Autrice: Laura Imai Messina § Pagine: 256
Casa editrice: Piemme § Genere: Narrativa, Drammatico

Sul fianco scosceso di Kujira-yama, la Montagna della Balena, si spalanca un immenso giardino chiamato Bell Gardia. In mezzo è installata una cabina, al cui interno riposa un telefono non collegato, che trasporta le voci nel vento. Da tutto il Giappone vi convogliano ogni anno migliaia di persone che hanno perduto qualcuno, che alzano la cornetta per parlare con chi è nell'aldilà. Quando su quella zona si abbatte un uragano di immane violenza, da lontano accorre una donna, pronta a proteggere il giardino a costo della sua vita. Si chiama Yui, ha trent'anni e una data separa quella che era da quella che è: 11 marzo 2011. Quel giorno lo tsunami spazzò via il paese in cui abitava, inghiottì la madre e la figlia, le sottrasse la gioia di essere al mondo. Venuta per caso a conoscenza di quel luogo surreale, Yui va a visitarlo e a Bell Gardia incontra Takeshi, un medico che vive a Tokyo e ha una bimba di quattro anni, muta dal giorno in cui è morta la madre. Per rimarginare la vita serve coraggio, fortuna e un luogo comune in cui dipanare il racconto prudente di sé. E ora che quel luogo prezioso rischia di esserle portato via dall'uragano, Yui decide di affrontare il vento, quello che scuote la terra così come quello che solleva le voci di chi non c'è più. E poi? E poi Yui lo avrebbe presto scoperto. Che è un vero miracolo l'amore. Anche il secondo, anche quello che arriva per sbaglio. Perché quando nessuno si attende il miracolo, il miracolo avviene. Laura Imai Messina ci conduce in un luogo realmente esistente nel nord-est del Giappone, toccando con delicatezza la tragedia dello tsunami del 2011, e consegnandoci un mondo fragile ma denso di speranza, una storia di resilienza la cui più grande magia risiede nella realtà.

Buon lunedì cari lettori, oggi vi tengo compagnia con la recensione di Quel che affidiamo al vento, romanzo edito Piemme che ho letto per il Gruppo di Lettura Questa volta leggo, tema del mese: un libro con i fiori in copertina.

Yui è una giovane donna con il cuore spezzato, una perdita enorme ha distrutto la vita, l’11 marzo 2011, il più grande tsunami mai registrato in Giappone le ha portato via la figlia e la madre, da allora si sente rotta, come un orologio fermo al momento in cui tutto ha perso significato!
I capelli di Yui sono l’emblema di una pausa infinita: le punte bionde e la base nera, lo stacco tra i due colori è la rottura, il prima e il dopo, la vita e la morte!
Un giorno Yui scopre l’esistenza del Telefono del Vento, una cabina telefonica installata nell’immenso giardino di Bell Gardia, sul fianco ripido della Montagna della Balena.
Lì, migliaia di persone si recano per parlare, attraverso questo telefono scollegato, ai propri cari persi per sempre, alzano la cornetta e affidano le loro parole al vento perché le porti fino nell’aldilà.
Yui parte, non sa se il telefono le sarà utile ma sente di doverlo vedere, sente di dover andare e, proprio lì, incontrerà Takeshi, un giovane medico che ha perso la moglie a causa di un orribile malattia, padre di una bambina che ha deciso, da quel momento, di non parlare più.
Yui e Takeshi diventeranno amici e condivideranno il dolore, la sofferenza e la paura ma anche, la speranza, la voglia di ricominciare e la felicità.
Quel che affidiamo al vento è un romanzo profondo e intenso ma, purtroppo, non l’ho amato come speravo, forse perché mi ero immaginata una storia completamente diversa.
Leggendo la trama avevo capito che tutti i personaggi della storia avrebbero dovuto superare un lutto ma, probabilmente sbagliando, avevo avuto l’impressione che il libro sarebbe stato carico di speranza e amore, quindi una storia forte ma di rinascita.
In realtà, le prime 150 pagine sono interamente dedicate ai vari lutti, non solo quello di Yui e Takeshi ma anche di altre persone che loro incontrano a Bell Gardia.
Ogni storia porta con se un dolore enorme, le descrizioni delle varie perdite sono particolareggiate e angoscianti, alcune lasciano proprio una sensazione di amarezza e sofferenza incredibile.
Chiudevo il libro e sentivo quasi un peso al petto, come se l’angoscia provata mentre leggevo mi inseguisse anche fuori dalle pagine.
Se teniamo conto che il romanzo ha circa 250 pagine, è comprensibile che quella sensazione di rinascita e speranza sia molto lontana.
Infatti, la seconda parte della storia, parla appunto del desiderio di Yui e Takeshi di ricominciare a vivere ma, in particolar modo Yui non ci riesce, è come bloccata, incapace di gioire della vita, delle opportunità che le si presentano, come se essere felice fosse sbagliato, immeritato.
A questo punto anche le ultime 100 pagine diventano pesanti.
Con questo non voglio dire che il romanzo sia brutto, anzi, è molto bello, l’autrice con la sua scrittura elegante, racconta con delicatezza tutte le varie fasi della perdita: lo shock, il dolore, la rabbia, la rassegnazione, la tristezza, ogni personaggio ne rappresenta una.
Il libro è disseminato di numerose verità, di frasi che ci portano a riflettere sulla vita e sulla morte ma non sono forzate, non sembrano messe lì appositamente perché il lettore le segni e le sottolinei, sono intime tanto che, ogni lettore, avrebbe potuto sentire risuonare nel suo cuore una frase diversa.

…Takeshi e Yui convennero che le cose che finiscono per mancare maggiormente delle persone quando se ne vanno sono proprio le loro fissazioni, le cose ridicole, le cose moleste.
«Chissà» disse Takeshi, «forse è proprio perché si è faticato all’inizio ad accettarle e non te le dimentichi facilmente. È come se ogni volta che ti fanno innervosire per qualcosa, tu cercassi di bilanciare con le cose positive che ha quella persone. È un po’ come ripetersi ogni volta io questa persona la amo perché… »

Chiunque abbia vissuto un grande lutto, si domanda a un certo punto cosa sia più difficile tra l’imparare e il disimparare. Un tempo Yui non avrebbe saputo dirlo, ma adesso avrebbe
risposto sicura che era il secondo, che era il disimparare a creare più resistenza.

Nel complesso il libro mi è piaciuto, purtroppo cercavo un romanzo diverso e pensavo di avere fra le mani una storia diversa, l’angoscia che mi ha provocato ha appesantito moltissimo la lettura, in alcuni momenti ho arrancato ma, consapevole che se l’avessi messo da parte non l’avrei più ripreso, ho deciso di concluderlo.
Non mi sento di consigliarlo con leggerezza, personalmente fuggo da questo genere di storie, lavorando in ospedale vedo già abbastanza sofferenza senza doverne leggere anche a casa, quindi se vi piace il genere drammatico direi che fa per voi, altrimenti, lasciate perdere.

Yui e Takeshi scoprirono nel tempo che il Telefono del Vento era come un verbo che si declinava diverso per ogni persona, che i lutti si somigliavano tutti e, insieme, non si somigliavano affatto.


NOTA DELL'AUTRICE
Il Telefono del Vento
Il Telefono del Vento è un luogo magico che esiste realmente nel nord-est del Giappone e che è centrale nel tuo romanzo. Come ne sei venuta a conoscenza? Perché è importante secondo te?

Mi sono imbattuta nel Telefono del Vento nel 2011, quando già vivevo in Giappone da molti anni. Fui colpita dalla magia di un posto realmente esistente, dove le persone alzavano la cornetta di un apparecchio non collegato per parlare con i propri defunti. Un angolo di mondo in cui si affida tuttora al vento la voce, perché raggiunga chi ormai è dall’altra parte.
È importante perché la perdita riguarda tutti gli esseri umani. Prima o poi si rimane indietro. Chiunque abbia amato un giorno si ritrova là. E tuttavia la storia continua. Il Telefono del Vento è quel luogo in cui il pensiero diventa parola, e la parola pesa meno sul cuore del pensiero. Bisogna mettere ordine nei propri sentimenti per parlare con un altro, una terza persona. Il Telefono del Vento aiuta a fare quel salto.

7 commenti:

  1. Su questo libro ero un po' incerta fin dal primo momento che l'ho visto e ora leggendo le tue parole non ho ancora cambiato idea, è secondo me adatto per il momento giusto e sicuramente non è questo

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  2. I libri che trattano il lutto non sempre ho voglia di leggerli. Mi è piaciuta la tua recensione, ma stavolta non segno il titolo (cover però azzeccatissima)

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  3. Io sono molto in linea con il pensiero di Chiara. In questo periodo poi ho davvero bisogno di libri molto leggeri

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  4. La copertina mi piace tanto,davvero, ed anche la storia, seppur così straziante, mi attira. Però in questo periodo proprio non riuscirei a leggere di lutti. Però me lo segno per un futuro più gioviale! Bellissima recensione!

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  5. Questo libro deve essere stupendo. Ma sento anche io l'esigenza di stare il più lontano possibile dai libri che parlano di lutto in questo momento. Però penso che lo leggerò. Trasmette una profondità rara da trovare in una storia. Grazie per la bella recensione.

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  6. Non credo sia il momento adatto a leggere una storia di questo tipo, però lo tengo a mente

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  7. Ok, questo sicuramente non è il periodo giusto per leggere un libro simile, ma forse, lo confesso, io non sarei mai pronta per affrontarlo... :( Vedremo un po' se un giorno cambierò idea!

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