8 maggio 2017

"Scrivere è un mestiere pericoloso" Alice Basso

Eccomi qui con la recensione del secondo volume che narra le avventure di Vani Sarca: Scrivere è un mestiere pericoloso di Alice Basso. Come vi avevo accennato è in uscita a maggio il terzo libro che si intitolerà Non ditelo allo scrittore . Quindi ripassiamo.
Ho aspettato molto che questo romanzo si liberasse in biblioteca, finalmente fra le mie mani l'ho cominciato carica e piena di aspettative, purtroppo man mano che leggevo ero sempre meno soddisfatta e sono arrivata alla fine con un po' di fatica. Anche in questo caso mi trovate contro corrente, la maggior parte dei lettori ha divorato e apprezzato questo romanzo, ovviamente la mia delusione ha delle motivazioni e ve le dirò qui sotto.


In questo secondo volume Vani Sarca, la nostra mitica ghostwriter, è alle prese con parecchi problemi: da un lato la rottura con Riccardo le da ancora ai nervi, dall'altro il suo editore le propina un lavoro davvero ingrato: raccogliere le memorie della cuoca di una famosissima famiglia di stilisti torinesi.
Vani odia la cucina, odia mangiare e cucinare quindi creare un memoriale con tanto di ricette per lei è un vero incubo ma ad aiutarla c'è il misterioso commissario Berganza. 
Tra la scrittrice e il poliziotto nasce un intesa senza pari, lei collabora con la polizia per risolvere casi in cui le sue doti empatiche sono fondamentali e lui, rivelatosi un intenditore della cucina piemontese, la aiuta a preparare le numerose ricette che Vani raccoglie da Irma, l'anziana cuoca.
Il compito di scrivere un libro di ricette diventa sempre più interessante: Irma è una vecchietta intelligente e carismatica, dotata di un ottimo sarcasmo e una buona dose di ironia e, mentre Vani raccoglie le sue memorie fatte di aneddoti
divertenti e ricette prelibate, salta fuori un omicidio irrisolto.
Proprio così! La famiglia di facoltosi stilisti, anni prima, era stata teatro di un crimine orribile: Aldo il fratello minore aveva ucciso Adriano fratello maggiore ed erede.
Adriano era un donnaiolo amante degli eccessi, delle droghe e dell'alcool, non aveva alcun interesse per l'azienda di famiglia della quale si occupava poco e male. Aldo come secondogenito era impotente, osservava il fallimento del fratello e colmo di rabbia cercava di risolvere al meglio, finché una sera, non potendone più decide di eliminarlo e lo uccide con del veleno.
Aldo finisce in prigione e l'azienda viene presa in mano dalla moglie di Adriano, la bellissima Delia.
Fin qui tutto regolare, se non che a distanza di anni, la cuoca decide di dichiararsi colpevole per l'omicidio e riferisce a Vani di aver avvelenato Adriano al posto di Aldo.
Supportata da Berganza, la scrittrice comincia ad indagare portando alla luce numerosi segreti taciuti e dimenticati.
La storia di per se è carina e intrigante ma a mio parere la pecca principale è proprio la protagonista: Vani alla lunga irrita.
Mi dispiace ammetterlo ma ho fatto molta fatica a sopportarla fino alla fine.
Il carattere di Vani è davvero particolare, abbiamo a che fare con una trentenne chiusa e arroccata nella propria vita, non le piace nessuno e non socializza con nessuno, odia la sua famiglia, odia la gente e non sopporta tutte le cose che normalmente danno piacere, tipo il Natale, il cibo e le feste.
Si comporta in modo scorbutico e maleducato, risponde sempre con fare saccente e strafottente, ironizza su tutto e ha la convinzione perenne di essere circondata da idioti.
Gli unici che riescono a far breccia nel suo mondo sono il commissario Berganza, Morgana ovvero l'inquilina adolescente del piano superiore che assomiglia a Vani giovane e Irma, la cuoca degli stilisti che assomiglia a Vani vecchia.
La tolleranza di questa donna è pari a zero e le sue frecciate, lanciate contro tutto e tutti, alla lunga stancano.
Vani ha il grande dono di capire le persone, osservandole e parlandoci insieme per pochi minuti coglie dettagli preziosi per entrare nella loro dimensione.
Quest'empatia così intensa dovrebbe renderla una persona migliore ma Vani la usa per schiacciare il prossimo anche in modo davvero esagerato.
Nota un dettaglio insignificante e ne deduce una mega storia con problemi famigliari annessi e questioni irrisolte alle spalle. Troppo assurdo! Capisco essere intuitiva ma così è eccessivo.
Nonostante questo la trama è ben congegnata, il delitto irrisolto incuriosisce e i risvolti sono imprevedibili. La storia della famiglia famosa è interessante e i mille segreti che saltano fuori sono realistici e ben piazzati.
Mi piace molto la scrittura della Basso sempre asciutta e diretta, le battute fanno ridere e le varie citazione sono perle sparpagliate qua e la con grande maestria. Si avverte una grande conoscenza della letteratura classica ma anche di moltissimi argomenti, la Basso deve aver studiato parecchio e questo è un punto a suo favore.
Altro fattore positivo è il commissario Berganza che adoro, se devo scegliere tra lui e Riccardo (lo scrittore giovane e belloccio che nel primo libro spezza il cuore di Vani) vince mille volte l'affascinante cinquantenne con lo sguardo da uomo vissuto.
Berganza ha un aura di mistero e fascino irresistibile, è colto, raffinato e intelligente, sa fare bene il suo lavoro e ha sempre una parola gentile o una frase perfetta da dire al momento giusto, sa cucinare e legge montagne di gialli. Sembra uscito da un film poliziesco dove il tenebroso commissario avvolto nel suo impermeabile beige si inoltra nella nebbia di un vicolo buio. Insomma mi piace parecchio!
I personaggi nel loro insieme sono ben delineati ma troppo stereotipati, sono creati sulla base di target che li rendono statici e privi di sfumature, tipo la classica famiglia composta dalla madre impicciona, il padre sordo e scemo e la sorella infantile e ruffiana, oppure il capo che cerca sempre di fregarti, la tipa zuccherosa e sdolcinata in ogni suo atteggiamento, l'oca interessata solo alla moda che ride per qualsiasi idiozia. Tutti sono troppo pietrificati in atteggiamenti tipici e ripetitivi.
Nel complesso il libro è carino ma non mi ha colpita come il primo, ovviamente è previsto un seguito che valuterò bene se leggere o meno.

Valutazione

Ho scoperto che il peso specifico della carta è di circa 10.000 N/m3.
Un po' più della cenere e della cera d'api.
Un po' meno del latte, nettamente meno del sale e anche del talco.
Più o meno quanto il ghiaccio. [...]
Se ne evince che tecnicamente- tecnicamente- la carta parrebbe essere piuttosto leggera.
Ora ditemi voi se non è una cazzata questa.
Siamo ormai tutti concordi nel dire che il tempo è relativo [...]
Tutti abituatissimi a dissertare sulla soggettività della percezione del tempo.
Ma parliamo un attimo della soggettività della percezione del peso.
Un trasloco: avete mai portato via uno scatolone di libri da una casa universitaria in cui non avreste più abitato?
Un esame: avete mai studiato le cinquecentosessanta pagine del "Grande manuale della storia della diplomazia internazionale dall'età moderna alla guerra fredda"?
Una lettera: avete mai raccolto da un cuscino ottanta grammi di un biglietto d'addio?
La carta pesa.


AUTRICE: Alice Basso è nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Lavora in una casa editrice. Nel tempo libero finge di avere ancora vent'anni e canta in una band di rock acustico per cui scrive anche i testi delle canzoni. Suona il sassofono, ama disegnare, cucina male, guida ancora peggio e di sport nemmeno a parlarne.

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