Titolo: Resto qui § Autore: Marco Balzano § Pagine: 180
Casa editrice: Einaudi § Genere: Storico
L'acqua ha sommerso
ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale si trovano
i resti del paese di Curon. Siamo in Sudtirolo, terra di confini e di
lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua materna è qualcosa che ti
appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco e perfino
i nomi sulle lapidi vengono cambiati, allora, per non perdere la propria
identità, non resta che provare a raccontare. Trina è una giovane madre che
alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome
della figlia, scomparsa senza lasciare traccia. Da allora non ha mai smesso di
aspettarla, di scriverle, nella speranza che le parole gliela possano
restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue
il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la
morte. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E così, mentre il
lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina,
all'improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l'altro, la
costruzione della diga che inonderà le case e le strade, i dolori e le
illusioni, la ribellione e la solitudine. Una storia civile e attualissima, che
cattura fin dalla prima pagina.
Buongiorno lettori,
oggi desidero parlarvi di Resto qui
di Marco Balzano, un romanzo storico molto acclamato che, purtroppo, non mi ha
emozionata come mi sarei aspettata.
La storia è divisa in
tre parti: il decennio che precede la Seconda Guerra Mondiale, gli anni della
guerra e il periodo successivo al conflitto.
Trina è una giovane
donna che vive a Curon, un piccolissimo paesino del Sudtirolo, qui, insieme
alle due amiche del cuore termina i propri studi e sogna di diventare maestra.
L’arrivo del Fascismo
cambia ogni cosa, il tedesco viene messo al bando e i posti di lavoro pubblici
vengono assegnati a italiani che migrano lì da altre regioni. Trina ci racconta
il dolore e la rabbia per la perdita della propria identità, il suo dover
insegnare il tedesco clandestinamente e la messa al bando delle tradizioni.
Il Fascismo porta con sé anche il progetto di un’immensa diga, un progetto così imponente che, se messo in atto, distruggerebbe tutta la valle.
Il Fascismo porta con sé anche il progetto di un’immensa diga, un progetto così imponente che, se messo in atto, distruggerebbe tutta la valle.
La gente è furiosa!
Questi stranieri vogliono portargli via ogni cosa: la dignità, la lingua, la
casa, la
libertà!
libertà!
Poi arriva la Guerra
che cala su Curon con lentezza, Trina ci racconta prima la perdita devastante
della figlia che parte in piena notte senza lasciare sue notizie, poi quella del
figlio che si arruola volontario e va al fronte, la fuga sulle montagne insieme
al marito, la fame, il dolore, la paura.
La terza parte ci
riporta a Curon negli anni successivi alla Guerra, le persone si riappropriano
delle loro case, provano a ricominciare ma l’incubo della diga incombe
nuovamente su tutti loro!
“Resto qui” fa luce su un pezzo di storia
poco conosciuto, un romanzo frutto del desiderio di riportare alla memoria
qualcosa di dimenticato, si tratta, infatti, della ricostruzione storica di ciò
che è accaduto a Curon, dell’ingiustizia perpetrata contro un paese che aveva
già sofferto abbastanza.
Il titolo del romanzo
parla da sé, Resto qui, è la
decisione coraggiosa di un gruppo di persone che non vuole rinunciare alla
propria terra, alla propria casa e alla propria identità, Resto qui è un grido di dolore, una sfida contro i potenti che sempre
cercano di far soccombere i deboli e così, grazie al racconto intimo di Trina
il dolore del singolo si mescola a quello della collettività, dando vita a un
grido di angoscia e impotenza!
Si tratta di una storia molto intensa che però, a malincuore devo
ammette, non mi ha conquistata, l’argomento è interessante ma, nonostante il
libro abbia poche pagine, ho fatto molta fatica a concluderlo.
La prima parte è lenta e ho non sono riuscita a empatizzare con Trina che sembra fredda, distaccata
e lontana dal lettore. Molto più coinvolgente
è il corpo centrale della storia, quello dedicato alla Seconda Guerra
Mondiale, la fuga sulle montagne, la paura e l’angoscia, la ricerca costante di
cibo e riparo, tutto mi ha riportato a quando, bambina, ascoltavo i racconti di
mio nonno.
Arrivati al dopo guerra il romanzo rallenta di nuovo, la terza parte è
stata veramente noiosa, i dettagli sulla costruzione della diga riempivano intere pagine e
la narrazione non riusciva ad appassionarmi.
Nonostante questo
consiglio vivamente la lettura di Resto
qui perché racconta una storia che merita di essere conosciuta, la storia
di un paese che è stato cancellato, ora, guardando quel campanile che fa
capolino dalle acque non possiamo non pensare a ciò che è stato.
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