30 aprile 2022

"La stanza delle mele" di Matteo Righetto


Titolo: La stanza delle mele § Autrice: Matteo Righetto § Pagine: 240
Casa editrice: Feltrinelli § Genere: Narrativa contemporanea

È l'estate del 1954, Giacomo Nef ha undici anni e con i due fratelli maggiori vive dai nonni paterni a Daghè, sulle pendici del Col di Lana, nelle Dolomiti bellunesi. "Tre case, tre fienili, tre famiglie." I bambini sono orfani e l'anziano capofamiglia li tratta con durezza e severità, soprattutto il più piccolo. Il nonno è convinto infatti che Giacomo sia nato da una relazione della nuora in tempo di guerra e lo punisce a ogni occasione, chiudendolo a chiave nella stanza delle mele selvatiche. Lì il ragazzino passa il tempo intagliando il legno e sognando l'avventura, le imprese degli scalatori celebri o degli eroi dei fumetti, e l'avventura gli corre incontro una tarda sera d'agosto. Con l'approssimarsi di un terribile temporale, Giacomo viene mandato dal nonno nel Bosch Negher a recuperare una roncola dimenticata al mattino. Mentre i tuoni sembrano voler squarciare il cielo, alla luce di un lampo scopre vicino all'attrezzo il corpo di un uomo appeso a un albero. L'impiccato è di spalle e lui, terrorizzato, fugge via. Per tutta la vita Giacomo cercherà di sciogliere un mistero che sembra legato a doppio filo con la vita del paese, con i suoi riti ancestrali intrisi di elementi magici e credenze popolari. Matteo Righetto conosce profondamente il mondo arcaico della montagna – durissimo e al contempo vivo di profumi, sapori, dialetto e leggende – e ce lo restituisce nel suo romanzo più maturo e incalzante. Leggerlo è una corsa notturna nel bosco, con il cuore in gola.
Sono sempre stata una montanara, i miei nonni paterni sono nati sulle montagne della Lessinia, la mia bisnonna materna è Bellunese, nata Cadore, da piccola nel weekend ero spesso in malga, sono un Gere Le mucche, amo le mucche con i loro occhi dolci, adoro il profumo umido e muschioso dei boschi, sono una fungaiola e il verde e legno sono sempre nel mio cuore quindi, "La stanza delle mele" è proprio un libro per me! E infatti l'ho amato! 
Avevo già letto i libri di Matteo Righetto, la "Trilogia della patria" è meravigliosa ma non credevo che questo nuovo romanzo mi piacesse ancora di più. 
Matteo Righetto mi ha trasportata davanti alle mie amate montagne, nel verde dei boschi, nel profumo dei prati, nell'azzurro incontaminato del cielo e mentre leggevo mi sentivo un po' a casa, come ogni volta che vado in Lessinia o sulle Dolomiti e abbasso il finestrino della macchina e respiro, l'odore di quell'aria è magico, mi libera dalle tensioni e mi fa stare bene. 
Questo ho provato mentre leggevo dei boschi e della montagna ma in questo libro c'è molto di più.
Giacomo è il nostro protagonista, un bambino di undici anni, orfano che vive con i nonni e i fratelli in una malga ad Daghè, un piccolo paesello di poche anime. 
La vita per lui è dura, gli manca la madre, il nonno è un uomo severo, infestato dal dolore e dei demoni del passato che picchia e insulta Giacomo per sfogo. 
Ho guardato Giacomo con i miei occhi di mamma, l'ho amato e ho sofferto nel vederlo crescere senza gentilezza e amore e, allo stesso tempo, ho odiato quel nonno cieco e crudele. 
La stanza delle mele è per Giacomo il luogo della punizione, lì il nonno lo rinchiude dopo le botte ma, nel cuore del bambino è anche un rifugio, un posto dove guarire dalle ferite del corpo e dell'anima e dove custodire il suo segreto: l'amore per la scultura del legno. 
Il romanzo è diviso in più parti, in un primo momento si nota solo la divisione netta a livello temporale decisa dall'autore: la prima parte racconta l'infanzia di Giacomo sulle montagne mentre la seconda ci fa conoscere un Giacomo cinquantenne che vive a Venezia e fa lo scultore. 
Ma in realtà c'è una spaccatura più profonda e drammatica, il prima e il dopo quel tremendo giorno di fine estate nel quale Giacomo torna nel Bosch Negher a recuperare la roncola del nonno, un temporale frusta la foresta con vento e pioggia e, improvvisamente, nella luce folgorante di un lampo il bambino vedo un uomo impiccato. 
Quell'immagine tremenda si imprimerà per sempre nel suo animo cambiando Giacomo e la sua vita. 
Il peso del segreto divorerà Giacomo, nessuno crede nelle sue parole, la gente ignorante e bigotta ha paura del Bosch Negher, un luogo, a detta di tutti, malefico e infestato. 
In questo romanzo c'è il folklore delle montagne, le credenze e le tradizioni unite alla chiusura mentale, al bigottismo e alla paura dell'ignoto. 
E che dire dei personaggi? Uno più profondo dell'altro ma Giacomo è unico, in lui ho visto molto delle persone montanare che conosco, un po' "suti" (in Veronese "asciutti", difficili nel manifestare le emozioni) ma, con un cuore grande e tanti sentimenti nascosti dentro di loro che, in questo caso, Giacomo esprime nella sua arte. 
Lo volevo proteggere da bambino e lo volevo consolare da adulto, mi sono affezionata a lui e mi mancherà. 
Nonostante alla fine le spiegazioni arrivino, non sono riuscita a perdonare quel nonno arcigno e duro, ho provato pena ma non ho saputo rivalutarlo, per me rimarrà sempre un personaggio negativo. 
La storia e la risoluzione di questo mistero nodoso entra nel cuore del lettore, la realtà non è mai come sembra e l'animo umano sa essere veramente un luogo oscuro. 
Un libro da assaporare in ogni sua pagina, una storia che dona sollievo ma che lascia un po' l'amaro in bocca, una lettura che fa riflettere e crescere. 
Leggetelo! 

 PS: grazie alla casa editrice Feltrinelli per la copia.





Nessun commento:

Posta un commento