Titolo:
La felicità del lupo
§ Autrice:
Paolo Cognetti
§ Pagine:
152
Casa editrice:
Einaudi
§ Genere:
Narrativa contemporanea
Fausto si è rifugiato in montagna perché voleva scomparire, Silvia sta cercando qualcosa di sé per poi ripartire verso chissà dove. Lui ha quarant'anni, lei ventisette: provano a toccarsi, una notte, mentre Fontana Fredda si prepara per l'inverno. Intorno a loro ci sono Babette e il suo ristorante, e poi un rifugio a piú di tremila metri, Santorso che sa tutto della valle, distese di nevi e d'erba che allargano il respiro. Persino il lupo, che mancava da un secolo, sembra aver fatto ritorno. Anche lui in cerca della sua felicità.
Mi sono trovata a desiderare di leggere questo romanzo qualche settimana fa così, complice anche la challenge "Escape Ciambelle", l'ho acquistato e letto immediatamente.
Come sapete amo moltissimo la natura e la montagna, sono cresciuta in una famiglia di fungaioli con un padre amante dai boschi e dal silenzio, fin da piccola ho camminato per le foreste e per le montagne, vicine o lontane, fin da piccola ho imparato ad apprezzare la bellezza degli alberi e la natura.
Quindi ero convinta che questo libro mi sarebbe piaciuto moltissimo, che mi sarei profondamente immedesimata nel protagonista che cerca nella montagna una via di fuga e un nuovo inizio ma, purtroppo, non è stato così.
Di Cognetti ho apprezzato la capacità di creare immagini che fanno sprofondare il lettore nella meraviglia dei boschi, camminando insieme a Fausto respiriamo il profumo del legno, del muschio, della resina, degli abeti, il fumo del camino che scoppietta, il sapore unico e prezioso della montagna.
Nel corso delle pagine ho provato molta nostalgia per i miei boschi che rivedrò solo ad agosto, sarei voluta saltare sulla macchina e partire immediatamente.
Oltre a questo, però, nient'altro.
Mentre leggevo mi sentivo molto lontana e distaccata dai personaggi che si muovevano come marionette davanti a una scenografia.
Non fraintendetemi, ho compreso molto bene il significato del "lupo", tutti i personaggi di questo libro covano nell'animo l'irrequietezza e l'inquietudine del lupo, quel bisogno che spinge l'uomo a muoversi, a non mettere radici in un luogo ma ad avere la necessità di peregrinare come se la felicità fosse legata a un luogo e non a noi stessi.
Queste persone non comprendono che non basta cambiare città, paese e casa per trovare serenità ma, al contrario, è necessario affrontare le proprie paure, preoccupazioni e ferite perché ovunque andremo le porteremo con noi.
Fausto, Silvia, Babette e Santorso vagano alla ricerca del loro posto nel mondo, sono lupi che continuano a spostarsi nella speranza di trovare un po' di pace convinti che quella pace arriverà man mano che si allontaneranno da casa, sono persone inquiete che non affrontano ciò che li destabilizza ma che preferisco voltargli le spalle.
Le loro vite si intrecceranno a Fontana Fredda, un piccolo paese di montagna a poche ore dall'imponente ghiacciaio del Monte Rosa, sono rapporti effimeri che toccano raramente punte di profondità, che si limitano alla superficie e che non mi hanno particolarmente emozionata e coinvolta.
Inoltre il finale lascia molto in sospeso portando con sè più domande e dubbi che conferme, quale direzione prenderanno?
Restare o partire?
Tornare o ricominciare in un altro luogo?
Per tutto il libro ho percepito la sensazione che non ci fosse affinità con questi personaggi che vagano come lupi, mentre io sono decisamente un albero che mette radici, si affeziona ai luoghi e alle persone, che si stabilizza e affronta le avversità giorno per giorno stando ben piantata nel mio centro.
Con dispiacere confermo la mia prima impressione: non mi ha conquistata, ho apprezzato solo le immagini naturali e il viaggio sul Monte Rosa che questo romanzo mi ha regalato.
Nessun commento:
Posta un commento