10 luglio 2018

"Isola" di Siri Ranva Hjelm Jacobsen


Buongiorno lettori, con la recensione di oggi ci inoltriamo nuovamente nella letteratura nordica, Isola è il romanzo d’esordio di un’autrice originaria delle Isole Faroe, un arcipelago le cui isolette rocciose sono sparpagliate in un lembo di oceano tra la Scozia, l’Islanda e la Norvegia.
Un luogo selvaggio, impervio e carico di fascino, in cui la realtà si mescola a miti, leggende e magia popolare.
Mi aspettavo molto da questo libro, forse sono rimasta così abbagliata dalla splendida copertina da non vedere oltre o forse, ho proprio preso una cantonata, sta di fatto che il romanzo non mi è piaciuto e, arrivare alla fine, è stata un impresa assai ardua.


Titolo: Isola § Autrice: Siri Ranva Hjelm Jacobsen § Pagine: 256
Casa editrice: Iperborea § Genere: Narrativa

Una giovane ragazza danese ha nostalgia di un’isola verde e impervia battuta dai venti del Nord, un’isola delle Faroe dove non ha mai vissuto ma che ha sempre sentito chiamare «casa», perché da lì emigrò la sua famiglia negli anni Trenta. Comincia così, dall’urgenza di riappropriarsi delle sue origini e di una cultura che ha ereditato ma non le appartiene, il suo viaggio di ritorno a Suðuroy, da cui nonno Fritz, pescatore dell’Artico, partì alla ricerca di un destino migliore, e nonna Marita, sognatrice irrequieta, fuggì verso il mondo e la modernità.
Un viaggio nella storia di una famiglia e di questo piccolo arcipelago sperduto nell’Atlantico, che è stato coinvolto nel secondo conflitto mondiale e nella guerra fredda e che ha lottato fieramente per una sua autonomia dalla Danimarca. Un viaggio nella memoria e nel mito che perdura in queste terre sospese nel tempo, tra le asprezze di una natura primigenia, dove ogni racconto di vita si colora di leggenda, dall’amore segreto tra Marita e Ragnar il Rosso, falegname filosofo e ribelle che chiama i gabbiani «i proletari del mare», alla roccia incantata nel giardino di zia Beate, che attira sciagure su chi prova a rimuoverla.

La nostra protagonista (di cui non è dato sapere il nome) è metà danese e metà faroese, dopo la morte dei nonni, abba Fritz e omma Marita, la giovane decide di intraprendere un viaggio verso le isole Faroe per scavare nel passato della famiglia.
Il viaggio diventa un mezzo per scoprire se stessa e cercare una dimensione stabile in cui vivere. 
La protagonista, infatti, sente di non avere una vera e propria casa, oscilla tra due mondi completamente diversi e incompatibili, le sue radici affondano sulla terra ferma o su un’isola?
Il nonno parlava spesso delle isole galleggianti che secondo le leggende “vagavano senza pace, senza un posto stabile” e, proprio in questa descrizione,
riconosciamo la giovane donna che non sapendo nulla della sua origine faroese di sente incompleta, senza radici, galleggiante come le isole.
Alle pagine dedicate al presente si mescolano quelle del passato, pian piano emerge la storia di Fritz e Marita, che, sul finire degli anni Trenta emigrano in Danimarca per inseguire i propri sogni.
La storia dei due nonni fa scaturire emozioni completamente diverse: da un lato abbiamo Fritz che innamorato follemente di Marita metterà da parte il proprio desiderio di rientrare alle isole Faroe come tecnico elettricista e rimarrà in Danimarca, soffrendo per sempre di nostalgia.
Dall’altro abbiamo Marita che, forte e determinata, rinnegherà le sue origini fino alla fine dei suoi giorni.
Gli eventi passati e presenti si mescolano in modo disordinato, i ricordi e i momenti s’intrecciano in una matassa confusionaria, dove il prima e il dopo non esistono.
Gli episodi non sono narrati in ordine cronologico ma senza una logica e questo crea una sensazione di grande estraniamento, a lungo andare diventa veramente frustrante fare mente locale e recuperare i personaggi e le situazioni.
Il libro manifesta a pieno lo stato d’animo così instabile della protagonista: un viaggio privo di una vera metà, senza capo né coda, confusionario e incorporeo.
Purtroppo tutto ciò ha creato parecchi intoppi nella mia lettura, infatti, all’inizio, non capivo di cosa si stava parlando.
La mancanza del nome della ragazza ha un grande valore simbolico,
dimostra come la protagonista sia smarrita e si senta priva di una propria identità ma, per la narrazione è un vero problema perché ho dovuto rileggere le prime cinquanta pagine due volte prima di capire chi era chi e chi faceva cosa.
Inoltre la vita dei nonni è raccontata in modo spiccio, pochi fatti slegati tra loro e poco approfonditi, gli eventi storici di grande valore come la Seconda Guerra Mondiale sono appena accennati e, gli stessi aneddoti della famiglia di Fritz, risultano sospesi nel nulla e inconsistenti.
Tutto ciò è un vero peccato perché la storia e l’ambientazione potevano dar vita a un romanzo perfetto.
La stessa scrittura dell’autrice, così evocativa e poetica, risulta maledettamente interessante e piacevole, le isole Faroe risplendono nella visione mitica e magica che ci regala la Jacobsen.
Purtroppo non è abbastanza!
Il libro con la sua struttura così disordinata non mi ha fatto appassionare alla storia, non mi ha permesso di empatizzare con i personaggi che rimangono lontani e incorporei.
Credo proprio di essere stata abbindolata dalla splendida copertina!

Valutazione 

CONOSCI L'AUTRICE
Siri Ranva Hjelm Jacobsen (1980) Cresciuta in Danimarca da una famiglia originaria delle isole Faroe, dopo gli studi umanistici si dedica alla scrittura e collabora con diversi quotidiani e riviste. Con il suo primo romanzo, Isola, ispirato alla sua storia personale, si impone subito all’attenzione di pubblico e critica per l’originalità della sua voce poetica, tanto da essere affiancata ai grandi cantori del Nord, William Heinesen, Einar Már Guðmundsson, Jon Fosse e Jón Kalman Stefánsson.




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